Il mito della Brand Loyalty: emozione o semplice abitudine?
La lealtà al brand non è una questione di sole emozioni. Una quota rilevante della Brand Loyalty è data da aspetti transazionali, razionali, e che poco hanno a che fare con l'affezione al brand.Il concetto di Brand Loyalty viene spesso visto come lo status non plus ultra per un brand, un obiettivo mitico che molte aziende perseguono immaginando folle di consumatori innamorati e pronti a diffondere il proprio brand come degli evangelizzatori.
La Brand Loyalty richiama subito alla mente brand di categorie ad alto coinvolgimento emozionale, come il fashion, l’abbigliamento sportivo, il luxury o l’elettronica di consumo. Pensiamo a marchi come Apple, Nike o Gucci, che creano un'identificazione profonda con i loro consumatori e un senso di appartenenza viscerale.
Ma che cosa si può dire per tutte quelle aziende che operano in categorie concettualmente e strutturalmente meno emozionali, come i detersivi, i prodotti per la casa, o altri prodotti visti come “commodities”? La lealtà del brand è anche alla loro portata?
Una recente indagine di mercato a cura di Canvas8 ha rivelato che un quarto degli acquisti ripetuti (l’indicatore quantitativo che può dare conto della lealtà ad un brand) è dettato dalla routine e che il 50% dei clienti abituali di un brand non ha un legame emotivo forte con esso, ma continua ad acquistare per convenienza.
Questo cambia radicalmente il modo in cui approcciare la Brand Loyalty, ripensando le strategie di marketing e di branding.
La costruzione della Brand Loyalty alla portata di tutte le aziende
Per le aziende che operano in settori meno emozionali, dove prevalgono aspetti di lealtà meno razionalmente gestibili e pianificabili, una strategia di costruzione della Brand Loyalty può vertere sugli aspetti transazionali, facendo leva sui costi di switching, ovvero i costi (economici, di tempo o di fatica o di cambiamento di routine) che il consumatore dovrebbe sostenere per cambiare marca.
Ecco tre fattori determinanti:
1. Disponibilità del prodotto: agire sugli aspetti distributivi, rendendo il prodotto facilmente reperibile nei punti vendita abituali del consumatore o nei suoi consueti touch point, entrando a far parte della sua routine d’acquisto consolidata (anche grazie a meccanismi incentivanti e di reward);
2. Facilità di utilizzo: rendere immediatamente comprensibile la reason why del prodotto e che cosa fa in più/meglio dei concorrenti, con soluzioni intuitive, pratiche e senza complicazioni: le ricerche di mercato mostrano che molti acquisti sono innescati dalla categoria di prodotto, e non dallo specifico brand (della serie: ho sete e cerco una bevanda);
3. Semplificazione del processo di scelta: troppe opzioni creano indecisione; semplificare al massimo la scelta del consumatore, con opzioni preconfigurate (anche attingendo a modelli predittivi) e soluzioni che rendano il più liscio possibile il processo di acquisto e di pagamento.
La lealtà del cliente, dunque, non nasce solo dall'affezione per la marca, ma si basa su una buona percentuale di driver più pragmatici e transazionali, alla portata di ogni azienda.
