L’abuso dell’Intelligenza Artificiale e i danni reputazionali
Come utilizzare al meglio l'Intelligenza Artificiale, senza abusarne e senza rischiare di fare delle figuracce, mettendo a repentaglio la reputazione aziendale?Da pochi giorni, su WhatsApp, è stato implementato un chatbot basato sulla AI. Se, fino ad oggi, la diffusione dell’intelligenza artificiale è avvenuta in modo repentino ma sfilacciato, appannaggio principale dei soliti pionieristici “smanettoni”, l’introduzione della AI sul più popolare strumento di messaggistica renderà questa innovazione incredibilmente popolare e trasversale, alla portata anche delle generazioni più anziane e, in generale, di chi ha poca familiarità con le nuove tecnologie.
Quanto sono lontani i tempi in cui le prime immagini create dalla AI irrompevano sulle nostre bacheche Facebook lasciandoci a bocca aperta, come la scena degli uomini primitivi che si facevano un selfie all’interno della loro caverna?
In realtà quelle immagini sono solo di qualche anno fa, ma tornando oggi a riguardarle fanno quasi tenerezza da quanto erano rudimentali: tutti oggi capirebbero che dietro c’è l’Intelligenza Artificiale generativa.
Perché è questo il punto: se tutti, ma proprio tutti, familiarizzano con la AI, tutti ben presto imparano a riconoscerla.
Ricordate quando da piccoli guardavamo in TV qualche vecchio film, come King Kong? O quanto stupore nei nostri occhi di fronte alle versioni cinematografiche di Superman o di Flash Gordon? Provate a riguardare quei film oggi, magari in compagnia di un bambino: storcerebbe il naso, si metterebbe a ridere per l’estrema scalcinatezza di quegli “effetti speciali” rudimentali, non supportati dalla CGI.
Provate ora anche a riguardare le pubblicità della Coca-Cola del Natale 2024. Hanno risparmiato il 90% del budget per “girare” quello spot, ma in brevissimo tempo sarà il 90% delle persone a dire: “ma che tristezza, era fatto con l’Intelligenza Artificiale!”.
Un caso meno eclatante? Un coro di commenti negativi per la locandina di un evento pubblico promosso da un’Amministrazione Locale, corredata da un’immagine evidentemente generata dalla AI; nuovamente, quella stessa immagine avrebbe incantato la cittadinanza fino a un mese fa.
Il rischio è proprio quello: il danno reputazionale dovuto all’abuso dell’Intelligenza Artificiale, magari alla ricerca di un taglio dei costi. Lo stesso danno d’immagine, badate bene, si avrebbe di fronte alle documentazioni scritte: fino a qualche mese fa il nostro vicino di casa avrebbe potuto stupirci con una presentazione di cinquanta slide sui rischi per l’economia dovuti a una guerra di dazi; oggi riusciremmo a “sgamarlo” da un semplice messaggio di compleanno su WhatsApp.
Come sfruttare la AI senza abusarne
Come comportarci, dunque, rispetto all’abuso dell’intelligenza artificiale?
Il modo migliore non è abusare della IA, ma sfruttarla, come un docile robot, affidandole i compiti ripetitivi, noiosi e magari - quello sì - che richiedano un elevato sforzo analitico: le macchine sono nate per quello!
Un altro accorgimento, che sempre più è imposto dalle varie piattaforme online, è di segnalare quando un contenuto è prodotto dall’intelligenza artificiale. Google, ad esempio, penalizza molto i contenuti prodotti dalla IA e ha sistemi molto sofisticati per comprendere se dietro ad un articolo c’è la mano di strumenti come ChatGPT (e vi assicuriamo che questo articolo è stato scritto a mano!). Ma non c’è niente di male a segnalare quando un’immagine è stata prodotta in modo artificiale (come l'immagine di questo articolo!), se il messaggio sottostante è efficace: ricordiamo ad esempio la viralità dell’immagine “All eyes on Rafah”, che era evidentemente (già per il palato dell’epoca) prodotta con la AI.
Lasciate però la creatività, la parte più divertente, all’uomo, con tutti i suoi limiti ed errori, mantenendo la genuinità di quei “vecchi” effetti speciali. Quanti ancora oggi si ricordano del “vecchio” spot della Coca-Cola, con il coro delle persone disposte a formare un albero di Natale? È una pubblicità immortale, iconica: e non lo è per un banale effetto nostalgia, ma perché sotto c’è un’idea “umana” vincente, evocativa, potente.
Di fronte all’intelligenza artificiale, restiamo sempre “artigianali”.
